Mario Draghi ha redatto uno studio-rapporto sulla competitività europea, al fine di attrezzare l’Unione di fronte alle nuove sfide economiche, sociali e politiche. È strutturato intorno a cinque punti chiave.
- Colmare il divario di innovazione;
- Combinare decarbonizzazione e competitività;
- Rafforzare la sicurezza e ridurre la dipendenza;
- Finanziamento degli investimenti;
- Rafforzare la governance.
Il Rapporto delinea subito, con rapide pennellate, il quadro della situazione.
L’Europa ha un problema di rallentamento della crescita dall’inizio di questo secolo. Si è aperto un ampio divario nel PIL tra l’UE e gli Stati Uniti. La produttività in Europa si è ridotta. Dal 2000 il reddito disponibile reale, su base pro-capite, è cresciuto quasi il doppio negli USA rispetto all’UE. L’era della rapida crescita del commercio mondiale sembra passata, le aziende dell’UE si trovano ad affrontare sia una maggiore concorrenza sia un minore accesso ai mercati esteri.
Per la prima volta la crescita europea non sarà sostenuta dall’aumento della popolazione. Entro il 2040, si prevede che la forza lavoro si ridurrà di quasi 2 milioni di lavoratori all’anno. Dovremo fare maggiore affidamento sulla produttività per guidare la crescita.
Per garantire la crescita, la decarbonizzazione e la sicurezza occorrono investimenti fino a circa 800 miliardi per anno. L’alternativa – drammatica – è dover scegliere tra una di queste opzioni: esser leader nelle nuove tecnologie oppure un faro della responsabilità climatica oppure un attore indipendente sulla scena mondiale. E non saremo in grado di finanziare il nostro modello sociale.
L’unico modo per affrontare questa sfida è crescere e diventare più produttivi, preservando i nostri valori di equità e inclusione sociale.
All’Europa manca la concentrazione. Definiamo obiettivi comuni, ma non li sosteniamo indicando priorità chiare o dando seguito ad azioni politiche congiunte. Il nostro Mercato Unico è frammentato, con oneri normativi alle aziende. Senza un mercato dei capitali che finanzi gli investimenti, gli europei perdono l’opportunità di diventare più ricchi.
L’Europa sta sprecando le sue risorse comuni. Abbiamo una grande capacità di spesa collettiva, ma la diluiamo in molteplici strumenti nazionali e comunitari. Non favoriamo le aziende europee competitive nel settore della difesa.
L’Europa non si coordina dove è importante. Le strategie industriali oggi combinano molteplici politiche (fiscali, commerciali ed economiche estere) per garantire le catene di approvvigionamento. Collegarle richiede un alto grado di coordinamento tra sforzi nazionali e comunitari. Le decisioni vengono prese questione per questione, con molteplici veti lungo il percorso. Il risultato è un processo legislativo con un tempo medio di 19 mesi per approvare nuove leggi, dalla proposta della Commissione alla firma dell’atto adottato, senza contare la fase attuativa negli Stati membri.
Le proposte non sono delle aspirazioni: la maggior parte di esse sono pensate per essere attuate rapidamente. In molte aree, l’UE può ottenere molto compiendo un gran numero di passi più piccoli, ma in modo coordinato. In altre aree, è necessario un piccolo numero di passi più grandi – delegando a livello europeo compiti che possono essere svolti solo lì. Anche con un mercato europeo dei capitali, il settore privato avrà bisogno, per gli investimenti, del sostegno del settore pubblico. Inoltre, quanto più l’UE è disposta a riformarsi per generare un aumento della produttività, tanto più aumenterà lo spazio fiscale e sarà più facile per il settore pubblico fornire questo sostegno. In realtà, procrastinare ha prodotto solo una crescita più lenta, e di certo non ha ottenuto più consenso. Siamo arrivati al punto in cui, senza un’azione, dovremo compromettere il nostro benessere, il nostro ambiente o la nostra libertà.
È finita la fase della crescita ininterrotta del commercio mondiale che la globalizzazione garantiva. È finita la fase del gas naturale a buon mercato (dipendenza russa). È finita sicurezza politica, militare ed economica che un tempo l’egemonia americana garantiva.
La competitività non si identifica con la difesa dei “campioni nazionali” che possono soffocare la concorrenza e l’innovazione, o con l’uso della repressione salariale per abbassare i costi relativi. La competitività oggi è meno legata al costo relativo del lavoro e più all’innovazione.
Verso una risposta europea
L’Europa ha bisogno di un piano comune per la decarbonizzazione e la competitività. Questo piano dovrà garantire che all’ambiziosa domanda di decarbonizzazione corrisponda una leadership sulle tecnologie che la forniranno. l’Europa deve aumentare la sicurezza e ridurre le dipendenze. l’UE dovrà sviluppare una vera e propria “politica economica estera” che coordini accordi commerciali preferenziali e investimenti diretti con i Paesi ricchi di risorse, costituzione di scorte in aree critiche selezionate e creazione di partenariati industriali per garantire la catena di approvvigionamento delle tecnologie chiave.
Per far ciò occorrono:
a) piena attuazione del Mercato unico;
b) politiche industriali, commerciali e di concorrenza, che si intersecano profondamente e devono essere allineate come parte di una strategia globale;
c) finanziamento delle principali aree di intervento;
d) riformare la governance dell’UE, aumentando il coordinamento e riducendo gli oneri normativi.
L’inclusione sociale
Lo Stato sociale europeo sarà quindi fondamentale per fornire servizi pubblici solidi, protezione sociale, alloggi, trasporti e assistenza all’infanzia durante questa transizione. L’UE deve garantire che un maggior numero di città e regioni possa partecipare ai settori che guideranno la crescita futura, basandosi su iniziative esistenti come Innovation Valleys Net, Zero Acceleration Valleys e Hydrogen Valleys.
In particolare, le politiche di coesione dovranno essere riorientate su settori quali l’istruzione, i trasporti, gli alloggi, la connettività digitale e la pianificazione, che possono aumentare l’attrattiva di una serie di città e regioni diverse. Una parte fondamentale di questo processo sarà l’emancipazione delle persone.
1) Colmare il divario d’innovazione.
L’Europa ha bisogno di una crescita più rapida della produttività per mantenere tassi di crescita sostenibili a fronte di una situazione demografica sfavorevole. Il fattore chiave dell’aumento del divario è stata la tecnologia digitale, attualmente l’Europa sembra destinata a rimanere ancora più indietro. L’integrazione dell’IA “verticale” nell’industria europea sarà un fattore critico per sbloccare una maggiore produttività.
Principali ostacoli all’innovazione in Europa
Alla radice della posizione debole dell’Europa nella tecnologia digitale c’è una struttura industriale statica che produce un circolo vizioso di scarsi investimenti e scarsa innovazione. Non ci sono abbastanza istituzioni accademiche che raggiungono i massimi livelli di eccellenza e il percorso dall’innovazione alla commercializzazione è debole.
Un programma per affrontare il deficit di innovazione
a) Affrontare le debolezze dei programmi comuni di ricerca e innovazione;
b) Migliore coordinamento della ricerca e innovazione pubblica tra gli Stati membri;
c) Istituire e consolidare le istituzioni accademiche europee in prima linea nella ricerca globale;
d) Rendere più semplice per gli “inventori diventare investitori” e facilitare l’espansione delle iniziative di successo;
e) Promuovere un contesto finanziario migliore per l’innovazione dirompente, le start-up e le scale-up;
f) Ridurre i costi di diffusione dell’IA aumentando la capacità computazionale e mettendo a disposizione la sua rete di computer ad alte prestazioni;
g) Promuovere il coordinamento intersettoriale e la condivisione dei dati per accelerare l’integrazione dell’IA nell’industria europea.
Un piano congiunto di decarbonizzazione e competitività.
L’Europa deve confrontarsi con alcune scelte fondamentali su come perseguire il suo percorso di decarbonizzazione, preservando al tempo stesso la posizione competitiva della sua industria. Tuttavia, è improbabile che un approccio laissez-faire abbia successo in Europa data la minaccia che potrebbe rappresentare per l’occupazione, la produttività e la sicurezza economica. Sebbene l’Europa sia leader mondiale nell’innovazione delle tecnologie pulite, sta sprecando i vantaggi ottenuti nella fase iniziale a causa delle debolezze del suo ecosistema di innovazione.
Aumentare la sicurezza e ridurre le dipendenze
L’Europa è vulnerabile sia alla coercizione sia alla frammentazione geo-economica. Il deterioramento delle relazioni geopolitiche crea anche nuove esigenze di spesa per la difesa e la sua industria. Diventare più indipendenti crea un “costo assicurativo” per l’Europa, ma questi costi possono essere mitigati dalla cooperazione.
L’Europa soffre di divari di competenze in tutta l’economia, rafforzati da una forza lavoro in calo. Poichè l’istruzione e la formazione sono di competenza nazionale, gli investimenti dell’UE hanno prodotto risultati relativamente scarsi. L’UE dovrebbe rivedere il proprio approccio alle competenze, rendendolo più strategico, orientato al futuro e focalizzato sulle carenze emergenti di competenze.
L'industria europea della difesa è frammentata, il che ne limita le dimensioni e ostacola l'efficacia operativa sul campo; soffre anche di una mancanza di attenzione allo sviluppo tecnologico. Sia per l’industria della difesa che per quella spaziale, l’insufficiente aggregazione e coordinamento della spesa pubblica aggrava la frammentazione industriale. In assenza di una spesa comune europea, le azioni politiche per il settore della difesa devono concentrarsi sull’aggregazione della domanda e sull’integrazione delle risorse industriali di difesa. Occorre rafforzare la cooperazione e la condivisione delle risorse per la ricerca e lo sviluppo nel settore della difesa a livello dell’UE.
Il fabbisogno finanziario necessario affinché l’UE raggiunga i suoi obiettivi è enorme. L’UE può soddisfare queste esigenze di investimento senza sovraccaricare le risorse dell’economia europea, ma il settore privato avrà bisogno del sostegno pubblico per finanziare il piano. Allo stesso tempo, il sostegno dell’UE agli investimenti sia pubblici che privati è limitato dalle dimensioni del bilancio dell’UE, dalla sua mancanza di concentrazione e da un atteggiamento troppo conservatore nei confronti del rischio. Per sbloccare il capitale privato, l’UE deve costruire un’autentica Unione dei mercati dei capitali (CMU).
Per aumentare la capacità di finanziamento del settore bancario, l’UE dovrebbe mirare a rilanciare la cartolarizzazione e completare l’Unione bancaria.
Il bilancio dell’UE dovrebbe essere riformato per aumentarne la focalizzazione e l’efficienza, oltre ad essere meglio sfruttato per sostenere gli investimenti privati.
Rafforzare la governance.
Il rapporto raccomanda di istituire un nuovo “quadro di coordinamento della competitività” per promuovere il coordinamento a livello dell’UE nei settori prioritari, sostituendo altri strumenti di coordinamento sovrapposti. Il consolidamento dei vari meccanismi di coordinamento dell’UE dovrebbe essere accompagnato dal consolidamento delle sue priorità strategiche in termini di risorse di bilancio, con obiettivi, governance e finanziamenti ben definiti.
Le votazioni del Consiglio (dei Ministri) soggette a voto a maggioranza qualificata (MQ) dovrebbero essere estese a più settori, ad es. utilizzando la clausola passerelle” (con la quale il Consiglio europeo autorizza il Consiglio a votare a votare a maggioranza qualificata) oppure ricorrendo al sistema delle cooperazioni rafforzate.